Dal punto di vista ambientale le estrazioni producono inquinamento?
“In Italia abbiamo un know how del settore altamente sviluppato, settore leader in sicurezza del personale e dell’ambiente. Pensa che l’ultimo vero incidente è avvenuto nel ’65, sulla piattaforma Puguro e ci furono 3 morti, ma le sicurezze di 50 anni fa erano irrisorie rispetto a quelle di oggi. Ogni impianto viene costantemente controllato sulla qualità delle acque, sulla qualità dell’ambiente marino e sulle emissioni in atmosfera. Noi siamo i primi a tutelare il mare che, tra l’altro, è sporco sotto costa, e non sotto le piattaforme, per via di depuratori mal funzionanti e fiumi invasi dalle scorie dei vari nuclei industriali che li costeggiano. Ci tengo a precisare che se noi operai inquinassimo perderemmo il posto di lavoro. Se si lavora come si deve, l’inquinamento è nullo. Gli ambientalisti non si devono preoccupare di questo, piuttosto perché non indicono un referendum per abbassare le soglie delle scorie e dei rifiuti dei nuclei industriali che scorrono lungo i fiumi di tutta Italia?”
E il tema posti di lavoro?
“Il problema non riguarda solo le persone che lavorano sulle piattaforme ma tutto l’indotto che c’è attorno a esse. Per avere determinati standard di sicurezza la piattaforma la devi tenere al massimo della sua efficienza, è necessario fare manutenzione, e questo significa la presenza di meccanici, elettricisti, idraulici, saldatori. Si stima la perdita di 7000 posti di lavoro solo in Emilia Romagna, figuriamoci in Abruzzo, Basilicata e Sicilia, siamo sui 10000! Su una piattaforma con attività ‘ordinarie’ lavorano un sorvegliante e due operatori, poi c’è il catering, e quindi il cuoco, l’aiuto cuoco e il cameriere, oltre l’elettricista e il meccanico per la manutenzione, fino ad arrivare a 100 persone in attività speciali. Per questo referendum avevano presentato sei quesiti, ne è stato accettato solo uno, quello più inutile. Il referendum non risolverebbe nulla”.
C’è anche dispendio di denaro perché, volendo, poteva essere accorpato alle elezioni amministrative. “Si sarebbe potuto fare un referendum per incentivare il rinnovabile per esempio. Tu Stato perché non incentivi i costruttori a fare palazzi e utenze domestiche predisposte per il rinnovabile? E poi un’altra cosa: se si fermano le piattaforme aumenta il traffico delle petroliere, quindi il rischio di inquinamento si alza”.
Tu Francesco il 17 aprile cosa farai?
“Mi asterrò perché il referendum è un capriccio dei promotori, non risolverebbe nulla, e sarebbe un danno a livello occupazionale da qui a 5 anni. Me ne andrò sulla nostra bellissima spiaggia a prendere un bel po’ di sole!”.
Dal fronte del SI’ ecco l’opinione di Enrico Gagliano, fondatore del coordinamento “No Triv”. Votando sì i posti di lavoro si ridurrebbero?
“Al contrario. La vittoria del Sì – dice Gagliano – farà sì che si creino le condizioni per la crescita e per la creazione di migliaia di nuovi posti di lavoro nel settore ‘energy’. La norma di cui chiediamo l’abrogazione è stata introdotta nella Legge di Stabilità 2016 non per difendere il lavoro ed i lavoratori ma solo gli interessi delle società dell’ Oil&Gas e dei loro azionisti a cui preme difendere il valore di una serie di investimenti decisi quando i prezzi di gas e petrolio erano decisamente più elevati di quelli attuali. Il titolare della concessione tiene conto delle aspettative dei suoi azionisti. Non lo fa perché è cattivo ma perché queste sono le regole del mercato. Tutto il resto come mantenere produzione e posti di lavoro in Italia, soddisfare la domanda interna di gas, limitare le nostre importazioni non ha valore. Eni manda spot a manetta sui carburanti di nuova generazione ma sta facendo marcia indietro sulla riconversione “verde” della sua raffineria di Gela e così in numerosi altri siti produttivi d’Italia. Quando c’è crisi si estrae poco o si bloccano gli impianti e i lavoratori stanno a casa. Quando il mercato ripartirà (i più ottimisti pensano nel 2020) l’occupazione inizierà a risalire. In questi giorni segnati da Trivellopoli e dagli elogi del Procuratore Nazionale Antimafia ai colleghi impegnati nelle indagini che hanno portato al blitz Eni, il Governo ed sostenitori del No propinano agli italiani la favola di una norma voluta per difendere o addirittura per rilanciare l’occupazione. Si tratta, evidentemente, di un inganno mediatico mal congegnato. Se, come raccontano, la loro principale preoccupazione è quella di tutelare i lavoratori e di fornire a famiglie ed imprese il gas che tanto necessita, evitando così di importalo dall’Estero, perché difendono la norma che consente alle compagnie anche di tenere al minimo o sospendere la produzione del giacimento? Perché vogliono concedere alle compagnie di lasciare per lungo tempo inattivi impianti già realizzati o di non scavare o non realizzare nuovi impianti già autorizzati?”.
Quale sarebbe il vantaggio maggiore se vincesse il sì?
“C’è solo l’imbarazzo della scelta. I vantaggi sono di carattere economico ed ambientale. La vittoria del Sì costringerebbe Governo e Parlamento a rivedere la Strategia Energetica Nazionale e a dare all’Italia obiettivi più ambiziosi. Renzi afferma che per quanto riguarda la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile abbiamo centrato gli obiettivi che ci richiede l’Europa. Se questo è accaduto lo si deve a politiche, spesso contraddittorie, portate avanti dal 2007 al 2012 e non certo successivamente. Mentre oggi Germania e Danimarca – e perfino la Francia – corrono alla velocità della luce, noi arranchiamo e non riusciamo a sfruttare come dovremmo l’energia che pur produciamo dalla fonte solare o da quella eolica. Non investiamo sulle reti intelligenti di distribuzione e sui sistemi di accumulo che in Germania sono invece incentivati. Lì i posti di lavoro delle industrie nazionali crescono; in Italia, invece, nel solo eolico nel 2014 si sono persi 8 mila posti di lavoro. Tutto il comparto delle rinnovabili ne ha lasciati per strada 120 mila negli ultimi 4 anni. Non abbiamo sentito levarsi grida di dolore o di disappunto dai banchi del Governo. Li abbiamo sentiti e letti, invece, dopo che i Carabinieri hanno fatto irruzione nel Centro Oli dell’Eni a Viggiano. I vantaggi ambientali sarebbero inoltre incommensurabili. I livelli di contaminazione delle acque intorno alle piattaforme accertati dall’Ispra e noti al Parlamento sin dal 2013 sono sotto gli occhi di tutti. Altro che cozze prelibate: quelle sono cozze all’arsenico, agli idrocarburi ed ai metalli pesanti. Oltre al rischio di incidenti che avrebbero ripercussioni incalcolabili per la nostra economia, ci sono da mettere in contro le problematiche connesse alla gestione dei rifiuti petroliferi gli effetti sull’intero ecosistema marino e sulla catena alimentare. Infine c’è una cambiale che tutti fingiamo di ignorare ma che dovremo per forza onorare: il contenimento delle emissioni di CO2 e del surriscaldamento del pianeta, che ha nell’uso delle energie fossili la sua principale causa. Superata la soglia del +2°C saranno dolori per tutti, anche per chi oggi invita all’astensione o a votare No”.
Luca Venanzi