Suona il trombone, strumento musicale aerofono della famiglia degli ottoni. Frank Jardilino, domani sera alla Villa Comunale, viene dal Brasile. In Italia dal 1998, con l’intenzione di prendere i voti. La vita consacrata, però, non fa per lui e decide di studiare al conservatorio di Brescia ottenendo la laurea di secondo livello in Trombone e Tromba nel 2007, per poi bissare nel 2011 ad Aosta con una ricerca sulla musica brasiliana e il trombone nel contesto brasiliano.
La sua carriera si sviluppa all’estero. Ha la fortuna di studiare e suonare con artisti come Stefano Viola (Free lance e insegnante dei biennio), Toby Oft (Boston Symphony), Daniele Morandini (Filarmonica di Israele), Andrea Bandini (Suisse Romande) , Vincet Lepape (Teatro Reggio di Torino e Insegnante del Biennio), Beppe Grandi (Scala di Milano), Fabiano Fiorenzani (Maggio Fiorentino), Ian Bousfield (Wiener Philharmoniker), Massimo La Rosa (Cleveland Orquestra), Stefan Shultz (Filarmonica di Berlino), Michel Becquet (trombonista di fama internazionale) e altri.
L’anno scorso è stato nominato insegnante di Trombone al conservatorio nazionale palestinese. La sua attività di insegnamento si svolgeva tra Betlemme, Nablus e Israele.
“Io vivevo a Betlemme – dice Frank Jardilino – e tutti i giorni dovevo passare al Check-point per andare a Gerusalemme, in Israele. Portavo lo strumento e, con la pelle scura, mi scambiavano per terrorista. Dovevo parlare un po’ arabo e un po’ israeliano, e dovevo stare attento. Una situazione ad alto rischio. Il venerdì è il giorno sacro per i musulmani e io andavo a Gerusalemme ad insegnare. Quando tornavo a Betlemme la trovavo sempre sottosopra. Il rischio era elevato e, durante l’estate, me ne sono dovuto andare a causa dello scoppio del conflitto”.
Per Frank la musica è integrazione più di ogni altra cosa. La sua classe era composta da 14 ragazze dai 7 ai 18 anni. “Immaginate il problema delle donne in medio-oriente – precisa Frank – e queste ragazze venivano per suonare Trombone e tromba. In Italia questi strumenti, di solito, vengono suonati da ragazzi. Noi facevamo anche un lavoro di sicurezza perché questi ragazzi, invece di andare ai muri a tirare i sassi, venivano al conservatorio. Grazie a questi progetti, la criminalità è stata ridotta drasticamente. La musica è opportunità. Mi piangeva il cuore quando sentivo ragazzi che morivano”.
Luca Venanzi